
La vittoria dei rossoblù all’Olimpico rappresenta l’evoluzione di un percorso coerente, in contrasto con la confusione societaria rossonera
Un successo che sa di rinascita e consacrazione. La conquista della Coppa Italia da parte del Bologna, con l’annessa qualificazione alla prossima Europa League, rappresenta un traguardo storico per una società che non alzava un trofeo da decenni, confermando come un progetto tecnico ben strutturato possa evolvere positivamente anche attraverso i cambiamenti di guida tecnica e le cessioni di giocatori importanti. La vittoria contro il Milan nella finale dell’Olimpico è il coronamento di un percorso virtuoso che porta la firma di una società capace di lavorare con visione e coerenza.
L’evoluzione rossoblù: dalla Champions alla coppa nazionale
Definirlo un semplice successo sarebbe riduttivo. Quello che il Bologna ha costruito negli ultimi due anni è un autentico capolavoro di programmazione sportiva. La squadra che aveva stupito l’Italia intera conquistando una storica qualificazione in Champions League sotto la guida di Thiago Motta, anziché sfaldarsi dopo le partenze dell’allenatore e di pezzi pregiati come Zirkzee e Calafiori, ha saputo reinventarsi e crescere ulteriormente.
Il merito va innanzitutto alla società, capitanata da Saputo e gestita operativamente da un gruppo dirigenziale in perfetta sintonia: da Fenucci a Di Vaio, fino all’artefice del mercato Giovanni Sartori. Una struttura che ha saputo individuare in Vincenzo Italiano il profilo ideale per raccogliere l’eredità di Motta, permettendogli di apportare le proprie variazioni tattiche senza stravolgere l’impianto di gioco precedente.
Il risultato è una squadra più matura, capace di esprimersi ad alti livelli in contesti diversi, che ha trovato in Ndoye – marcatore decisivo nella finale – l’emblema della crescita collettiva e individuale che un ambiente sano può favorire.
Il contrasto con un Milan senza bussola
La finale dell’Olimpico ha messo a nudo non soltanto le differenze tecniche tra le due squadre nella serata specifica, ma soprattutto il divario progettuale tra le due società. Da una parte la chiarezza d’intenti del Bologna, dall’altra la nebulosa situazione del Milan, che vive una fase di transizione societaria problematica.
L’assenza di Gerry Cardinale dall’evento più importante della stagione rossonera, contrapposta alla presenza dei rappresentanti di Elliott (che secondo le indiscrezioni dovrebbero progressivamente uscire di scena), ha offerto l’immagine plastica di una proprietà distante e di una governance confusa. La mancanza di una figura di direttore sportivo, questione che si trascina da mesi senza soluzione, aggiunge ulteriore incertezza al futuro progettuale del club.
In questo contesto, la sconfitta nella finale di Coppa Italia probabilmente segna la conclusione dell’avventura di Sergio Conceicao sulla panchina rossonera, un epilogo che amplifica la sensazione di tempo perduto in casa Milan in una primavera che avrebbe dovuto invece rappresentare un momento di pianificazione e rilancio.
La magistrale strategia di Italiano
Nel confronto ravvicinato tra le due squadre – che si erano già affrontate in campionato pochi giorni prima – Vincenzo Italiano ha dimostrato maggiore acume tattico rispetto al collega portoghese. Se a San Siro il tecnico rossoblù aveva schierato una formazione largamente rimaneggiata (solo tre titolari di coppa), in finale ha potuto contare su una squadra fresca e mentalmente preparata per l’appuntamento più importante.
Una scelta che ha pagato dividendi importanti, con un Bologna capace di esprimere un calcio organizzato, cinico nelle ripartenze e solido nella fase difensiva, proprio come testimoniato dalla prestazione monumentale della coppia centrale Lucumi-Beukema, dal dinamismo di Ferguson, dalla leadership di Freuler e dalle accelerazioni di Odgaard.
Anche le squadre con tradizioni di successi altalenanti possono trovare la chiave per invertire tendenze negative come dimostra il percorso del Bologna che ha saputo ricostruire un’identità forte dopo anni di anonimato.
Una rivincita collettiva
Per molti giocatori del Bologna questa vittoria rappresenta anche una personale rivincita. Criticati la scorsa estate quando i riflettori erano puntati principalmente sulle partenze eccellenti, hanno risposto sul campo dimostrando come il valore di un gruppo possa superare quello dei singoli quando è supportato da un progetto tecnico coerente.
La Coppa Italia conquistata all’Olimpico non è solo un trofeo per la bacheca rossoblù, ma la dimostrazione che anche nel calcio moderno, dominato da budget faraonici e super potenze economiche, c’è ancora spazio per progetti virtuosi basati su competenza, pianificazione e crescita graduale.
Gli appassionati che vogliono analizzare i dettagli tattici di questa sorprendente stagione del Bologna possono approfondire l’argomento giocando col bonus benvenuto di Freshbet dove sono disponibili analisi approfondite sui match decisivi della stagione rossoblù.
Il successo del Bologna rappresenta una ventata di aria fresca nel panorama calcistico italiano, dimostrando come l’armonia tra tutte le componenti societarie sia la vera chiave per costruire successi duraturi, ben oltre la semplice disponibilità economica o il prestigio del blasone. Una lezione che molti club, Milan in primis, farebbero bene a studiare attentamente.